La domenica dedicata alla Santissima Trinità ci insegna a dire «Abbà, Padre!» e a scoprire la vera eredità che Dio ci ha preperato tramite la morte e resurrezione di Gesù e l’invio dello Spirito Santo.

«Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rom 8,14-17).

La gioia di sentirsi amati come si amano le tre persone della Trinità. È un mistero di ricchezza di vita infinita dell’unico Dio, trascende ogni comprensione, ma è stato rivelato da Cristo Gesù. Lui è il Figlio che dalla croce rivela che Dio è Padre e dono d’amore, Vita, Spirito.

Paolo, ormai spinto da una fede granitica, scrive ai Romani che dopo il Battesimo non siamo più semplici creature, non schiavi sotto un padrone, ma figli perché riceviamo dal Signore stesso la sua stessa vita.

Diventiamo «partecipi della natura divina» (2Pt 1,4). È opera dello Spirito Santo che con la sua divina potenza ci dona ogni bene. Il bene per eccellenza che fa fiorire dall’intimo del cuore e dalla bocca l’invocazione filiale e piena di gioia: «Abbà, Padre!».

Paolo ci vuole far capire che godiamo della figliolanza divina, la stessa «eredità», la stessa beatitudine di cui gode l’Unigenito Suo Figlio.

È un dono di amore da parte di Dio: «Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo» (1Gv 4,19).

È lo Spirito che emana dal Padre e dal Figlio; è lo stesso Spirito Santo che intona in noi il «Padre nostro», senza di Lui possiamo gridare a vuoto «Abbà».

Lo Spirito Santo continua in noi la preghiera di Gesù; «Colui che prega per noi, che prega in noi e che è pregato da noi. Riconosciamo in Lui la nostra voce e in noi la Sua Voce» (S. Agostino, Commento al salmo 85).

Anche la preghiera silenziosa di contemplazione e di adorazione trova grande giovamento fatta «nello Spirito». Questo è ciò che Gesù chiamava «adorare il Padre in Spirito e verità» (Gv 4,23). Pregare «nello Spirito» è la nostra grande risorsa.

È questo il mistero della Trinità, non parole che partono dal cervello, ma un coinvolgimento nella Vita e nella gioia del Signore.

C’è «un tesoro nascosto» nel campo del nostro cuore! Parlando di questa voce interiore dello Spirito, il martire S. Ignazio di Antiochia scriveva: «Sento in me un’acqua viva che mormora e dice: vieni al Padre!» (cfr. lettera ai Romani). Quest’acqua è la «sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14) che è in noi per il Battesimo.

La fede ci fa sentire dentro di noi Dio come presenza del Padre, con il Figlio e lo Spirito Santo.

Egli è il «Dio con noi», il Dio che sta al nostro fianco ogni giorno, fino a quando ci avrà accolto tutti nella sua casa, per sempre.